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Differenza tra Sensibilità Chimica Multipla e Intolleranza Ambientale Idiopatica (definizione che piace all’industria)

In molti documenti governativi si è usata fino a pochi anni fa la definizione di “Intolleranza Ambientale Idiopatica” invece di quella di Sensibilità Chimica Multipla. Anche il gruppo di studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che nel 2007 ha elaborato una revisione di studi scientifici sulla MCS, si chiamava “gruppo IIAAC-SCM” ovvero “Intolleranza Idiopatica Ambientale ad Agenti Chimici denominata anche Sensibilità Chimica Multipla”. Le conclusioni di quel gruppo sono confluite poi nel documento di posizione ufficiale sulla MCS del Consiglio Superiore di Sanità nel 2008.

Nel documento del gruppo IIAAC-SCM si legge che: L’International Programme on Chemical Safety (IPCS) nel 1996 ha proposto la seguente definizione della SMC : ‘Un disturbo acquisito con molteplici sintomi ricorrenti, associato a diversi fattori ambientali, tollerati dalla maggioranza della popolazione non spiegabile per mezzo delle attuali conoscenze internistiche o psichiatriche”. Inoltre, la SCM veniva definita anche come “Intolleranza Ambientale Idiopatica” (IAI), per sottolineare un insieme di sintomi non riferiti solo ad esposizioni a sostanze chimiche ma anche a fattori di rischio fisico quali i campi elettromagnetici.

Anche il documento di posizione sulla MCS del Consiglio Superiore di Sanità del 2008 attribuiva tale definizione della malattia al Programma Internazionale per la Sicurezza delle Sostanze Chimiche (IPCS), che è un programma di ricerca dell’OMS. In realtà, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non ha alcuna posizione ufficiale sulla MCS.

Perché allora questi documenti ufficiali di istituzioni italiane attribuiscono questa definizione della MCS ad una proposta dall’IPCS?

E’ fondamentale ricostruire la storia delle conclusioni del workshop sulla MCS a Berlino del 1996 perché hanno segnato la storia del mancato riconoscimento della MCS in Italia e altrove nel mondo, dall’Australia agli Stati Uniti.

Le (presunte) conclusioni del workshop di Berlino del 1996 prevedevano di adottare la definizione di “Intolleranza Ambientale Idiopatica”, invece di MCS, per indicare un’eziologia ignota (idiopatica) della malattia, allontanando così qualsiasi riferimento alle sostanze chimiche quali causa dei sintomi.

Come si legge nel libro di N. Ashford e C. Miller “Sensibilità alle sostanze chimiche”, tali (presunte) conclusioni furono preparate alla fine del workshop e date alla stampa da un gruppo di partecipanti, scatenando un’aspra controversia. Immediatamente, infatti, il presidente del workshop e più di 80 partecipanti allo stesso inviarono delle lettere di protesta all’OMS e all’IPCS per denunciare il fatto che fossero state pubblicate delle conclusioni che non rispettavano la maggioranza dei partecipanti alla conferenza. Sia l’IPCS che la OMS, così, hanno preso le distanze da quelle conclusioni e l’IPSC ha vietato di pubblicarle e di citarle.

Ciononostante, quelle conclusioni che promuovevano la definizione di “Intolleranza Ambientale Idiopatica” sono state pubblicate su Toxicology Regulatory and Pharmacology rivista che, come si legge sul  libro di David Michaels (consulente scientifico di Clinton) “Doubt is their product”, è l’organo portavoce della International Society for Regulatory Toxicology and Pharmacology (ISRTP), un’associazione sponsorizzata da molte delle principali multinazionali del tabacco, della chimica e dell’industria farmaceutica. L’associazione ISRTP riunisce, infatti, scienziati e avvocati che lavorano come consulenti dell’industria e delle società di pubbliche relazioni.

Sul libro di N. Ashford e C. Miller “Sensibilità alle sostanze chimiche” (Edizioni Marco) si legge che la rivista Toxicology Regulatory and Pharmacology avrebbe riconosciuto  che le conclusioni in questione le siano state trasmesse dall’Environmental Sensitivities Research Institute (ESRI), una delle associazioni finanziate dall’industria chimica che erano state invitate al workshop di Berlino.

Sembrerebbe che i firmatari del documento del gruppo di lavoro gruppo IIAAC-SCM istituto nel 2007 presso l’ISS e gli esperti del Consiglio Superiore di Sanità non fossero a conoscenza della controversia che si nasconde dietro le (presunte) conclusioni del workshop dell’IPCS del 1996 a Berlino.

Nel 2011 la Dott.ssa Maria Neira, Direttrice del Dipartimento Salute e Ambiente dell’OMS, ha comunicato per iscritto ad AMICA che l’OMS non ha niente a che fare con la pubblicazione su Regulatory Toxicology and Pharmacology e che non ha alcuna posizione sulla MCS.

Ecco qui l’estratto della sua lettera.

 

 

 

 

 

 

Su questo sito Internet, si trova il documento originale del gruppo IIAC-SCM con tutti coloro che lo hanno sottoscritto.

Come è stato possibile presentare come proposta dell’OMS/IPCS una definizione ideata invece da consulenti dell’industria e pubblicata da una rivista nota portavoce dell’industria che ha l’obiettivo evidente di allontanare l’idea che siano le sostanze chimiche a causare i sintomi della malattia?

Perché nessuno dei medici incaricati di fare una valutazione scientifica della MCS per conto dei cittadini italiani ha chiesto direttamente all’OMS quale fosse la sua posizione sulla MCS, come invece ha fatto AMICA?

 

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