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Bassi livelli di esposizione chimica: una sfida per la scienza e la politica

Nicolas A. Ashford e Claudia S. Miller, Environmental Science and Technology,
1 novembre 1998, volume 32, fascicolo 21, pp. 508 A-509 A,
Società Chimica Americana 1998.
Traduzione di Marina Contarini.

Una volta sembrava essere certo, e vi sono prove crescenti, che l’esposizione umana ai prodotti chimici a bassi livelli potesse essere nociva. Le esposizioni sono collegate ad effetti biologici avversi, compresi i danni al sistema endocrino (1), sensibilità chimica (2) e tumore (3). La principale predisposizione di un individuo, congenita o indotta dalle condizioni ambientali, seguita da ulteriori esposizioni nel corso della vita, può provocare danni irreversibili.

Purtroppo, mentre le emergenti conoscenze scientifiche connesse a queste esposizioni indichino la necessità di cambiare il modo in cui consideriamo i prodotti chimici e la salute, nuove teorie stanno lentamente emergendo (vedere la casella alla pagina seguente 4).

Sviluppo delle conoscenze scientifiche:

  • ignorare i punti di partenza del modello delle conoscenze esistenti.
  • Negare che un’anomalia esiste dimostrandolo sulla base di un’osservazione non corretta e di una prova erronea.
  • Deridere i fautori di un nuovo punto di vista. Riconoscere l’anomalia, ma chiamarla “idiopatica”.
  • Provare a spiegare l’anomalia con un modello esistente, a volte effettuando modifiche minori.
  • Cercare i punti di vista alternativi per contraddire o minimizzare quello proposto.
  • Riconoscere il nuovo punto di vista come valido, ma all’interno di un angusto contesto relegandolo ad “eccezione”.
  • Accettare il nuovo punto di vista come possibilità di spiegare certi aspetti, ma mantenere anche il vecchio punto di vista.
  • Screditare il vecchio punto di vista; deridere qualsiasi tentativo di reintegrarlo o riabilitarlo.
  • Cominciare di nuovo.

Fonte: Riferimento bibliografico 2, adottato dal riferimento 4.

Attualmente si sta iniziando a riconoscere il collegamento fra i prodotti chimici e i nuovi problemi di sanità pubblica, che sfidano i principi di tossicologia e della medicina tradizionale. Essi includono difetti alla nascita e altri danni sullo sviluppo dovuti a prodotti tossici, malattie immunitarie (tra cui il lupus, la dermatosclerosi e la sindrome di Sjogren), condizioni croniche nei bambini (quali deficit di attenzione, disturbi d’iperattività, depressione e asma) che sono diventate più rilevanti negli ultimi decenni, sensibilità chimica comprese le sue sovrapposizioni con la sindrome dovuta a edifici costruiti con materiali nocivi, malattie non spiegate dei veterani della Guerra del Golfo, sindrome da stanchezza cronica, fibromialgia, encefalopatia tossica e cancro, compresi i tumori dell’infanzia.

Descrizione del problema
Questi problemi emergenti sono caratterizzati da linee comuni che forniscono una nuova prospettiva sulla malattia.

Natura: Derivano da malattie classiche come i disturbi di cuore e la tubercolosi. Sembrano esserne colpiti i sistemi di comunicazione o le reti funzionali compreso il sistema endocrino, il sistema immunologico e il sistema neurologico piuttosto che specifici organi del corpo.

Causa: Nessuna singola causa è stata identificata per ciascuna di queste circostanze. Spesso non ci sono marcatori biologici chiari per l’esposizione o la malattia. Di conseguenza, l’epidemiologia classica è meno in grado di identificare i sottogruppi suscettibili o sensibili.

Fasi: La malattia diventa manifesta dopo che si verificano due o più fasi o eventi. Per esempio, alcuni tumori possono procedere in primo luogo dall’attivazione di una mutazione che altera il materiale genetico della cellula, seguita dal passaggio delle cellule del cancro ad un tumore riconoscibile. Queste fasi possono coinvolgere differenti prodotti chimici, radiazioni o virus. Si è supposto che la perdita di tolleranza ai prodotti chimici (Toxicant-Induced Loss of Tolerance: TILT, una nuova teoria sulla malattia, che porta alla sensibilità chimica), procedesse allo stesso modo attraverso un processo a due tappe: un’esposizione iniziale ai livelli elevati di determinati prodotti chimici (o esposizioni ripetute a livelli più bassi), seguita da sintomi innescati da esposizioni chimiche giornaliere a livelli che non sembrano essere dannose; per la maggior parte delle persone (2).

Il tempo: Il tempo fra il primo e le fasi successive della malattia può essere abbastanza lungo da non rendere evidente il collegamento fra le esposizioni e la malattia finale. Lo stato latente del cancro causato da sostanze chimiche dura anni. Un danno osservabile al sistema riproduttivo può verificarsi anni dopo la rottura del sistema endocrino. La sensibilità chimica, secondo quanto riferito, può svilupparsi mesi dopo l’esposizione iniziale e rimanere manifesta per anni. Sembra importante la misurazione cronologica delle dosi iniziali. La perdita di tolleranza non richiede sempre un’alta dose iniziale; dosi più piccole, succedutesi in un certo modo, hanno potuto anche causare la perdita patologica di tolleranza.

Spiegazione non convenzionale: I metodi ed i modelli classici usati sia in tossicologia che in epidemiologia, applicati ai singoli agenti che bloccano singoli organi, non spiegano queste malattie. Inoltre il rapporto fra l’esposizione iniziale e gli ultimi effetti non è univoco. Ciò è illustrato nel recente lavoro di Fred vom Saal sugli effetti di danni al sistema endocrino causati dal bisfenolo A, come discusso nell’articolo di Hileman (5). I danni al sistema endocrino, la perdita di tolleranza ai prodotti chimici ed alcuni tumori sembrano rappresentare un guasto nei processi funzionali e adattativi in importanti sistemi o reti, dovuto ad esposizioni chimiche in concentrazioni minime (6), piuttosto che quei tumori associati agli effetti tossici classici in individui normali. Inoltre, individui esposti simultaneamente a sostanze xenobiotiche multiple a soglie inferiori al livello di “sicurezza” risultano ammalati, come nel caso di individui esposti ad un edificio costruito con materiali nocivi.

Processi della malattia: I danni al sistema endocrino, la perdita di tolleranza ai prodotti chimici ed alcuni tumori possono essere correlati. I problemi endocrini interrompono lo sviluppo normale e in alcune circostanze danneggiano il sistema immunitario, che genera maggiore predisposizione a contrarre determinati tumori. I danni al sistema endocrino possono anche interessare il sistema neurologico, conducendo ad una maggiore predisposizione alla sensibilizzazione ai prodotti chimici. Tale perdita di tolleranza si manifesta come perdita di tolleranza ai normali prodotti chimici, agli alimenti e ad altre esposizioni, rendendo in alcune circostanze questi individui più suscettibili a contrarre altre malattie. Così come la categoria generale delle malattie contagiose comprende uno spettro vario di malattie che coinvolgono organismi diversi (che interessano organi diversi attraverso differenti meccanismi specifici della malattia), la perdita di tolleranza ai prodotti chimici può avvenire per differenti esposizioni chimiche (in grado, come le malattie contagiose, di interessare sistemi differenti attraverso differenti meccanismi specifici della malattia). Con la perdita di tolleranza ai prodotti chimici, i sistemi chiave del corpo sembrano perdere la loro capacità di adattarsi alle esposizioni chimiche a basso livello. Per concludere, il tumore progredisce quando i processi di adattamento e di riparazione omeostatica ed il sistema immunitario non funzionano più come dovrebbero, anche se la causa di questa perdita della funzione protettiva non è ben chiara.

Strategie di risposta
E’ necessario un approccio sistematico alla malattia per approntare risposte a livello politico-legislativo. La mancanza di chiari marcatori biologici e il divario cronologico tra le esposizioni iniziali e l’insorgere della malattia finale, rende tecnicamente e politicamente difficile sviluppare le prove necessarie a regolamentare molti prodotti chimici e processi industriali o a risolvere il problema dei risarcimenti del danno. Dobbiamo quindi considerare l’adozione del “Principio preventivo” (agire preventivamente di fronte all’incertezza), sbagliando sul versante della prudenza.

L’applicazione del principio di prevenzione richiede la formazione dei responsabili, coraggio politico e convinzione. L’interesse verso i nuovi problemi che stanno emergendo (tumore da amianto, effetti tossici del benzene, del piombo e degli antiparassitari persistenti) inizia generalmente solo dopo un modesto riscontro di prove. Una volta consolidato l’interesse con ulteriori informazioni, si crea (nell’opinione pubblica) preoccupazione. Spesso, questo aumento dell’attenzione ha prodotto allarmi immediati. Le previsioni porterebbero a delle decisioni giuste se non fossero minimizzate. Purtroppo, spesso sarebbero giustificate delle azioni preventive, ma si lascia trascorrere troppo tempo prima di realizzarle, così intanto si verifica il danno. Certi danni sono già stati causati dai prodotti chimici che colpiscono il sistema endocrino, ma si riconosce sempre più la necessità di prevenire i problemi agendo tempestivamente.

Alcune funzioni danneggiate del sistema endocrino e altri danni sistemici rimangono incerte e le industrie si oppongono ad onerosi controlli. Ciò nonostante, è possibile e consigliabile un veloce intervento per evitare la prossima generazione di individui geneticamente compromessi o chimicamente intolleranti. L’incertezza e le preoccupazioni economiche pongono un dilemma ai legislatori ambientali (possono non riuscire a regolamentare un prodotto chimico che successivamente si scopre essere nocivo, o possono, a spese dell’industria e dei consumatori, regolamentare un prodotto chimico che una ricerca successiva dimostri essere sicuro), ma i prodotti chimici potenzialmente nocivi dovrebbero essere regolati quando richiesto dalle prove scientifiche, anche se incomplete.

Una risposta politica con una visione preventiva presenta sfide specifiche: le politiche devono essere armonizzate e coordinate fra i principali responsabili. Serve un nuovo sistema imprenditoriale, che armonizzi le aspettative del pubblico con le aziende che aderiranno al “principio di prevenzione”.

Piuttosto che agire da arbitro o da mediatore di conflitti tra i responsabili, il governo dovrebbe ritornare al suo ruolo di amministratore dell’ambiente, della sanità pubblica e della sostenibilità ambientale e a dirigere i propri interventi e ricerche su tutte le fasi delle malattie, ad esempio, sui prodotti che promuovono o causano i tumori.

I mezzi di comunicazione dovrebbero riportare accuratamente la complessa evoluzione delle conoscenze scientifiche. I gruppi di pubblico interesse e le organizzazioni non governative dovrebbero costituire stretti legami tra gruppi diversi e continuare il loro ruolo di educatori e titolari dei sistemi di protezione preventiva.

La comunità internazionale dovrebbe commissionare un rilevante programma di ricerca e stabilire accordi multilaterali sull’ambiente, allo scopo di bandire le sostanze inquinanti organiche non degradabili.

Questi accordi non dovrebbero bandire le sostanze chimiche dannose che producono danni endocrini per poi sostituirle con altre che producano altri effetti dannosi, o che possano esporre a rischi rilevanti i lavoratori. La strategia di trattamento delle sostanze dannose per il sistema endocrino e delle altre sostanze dannose deve assicurare che i Paesi meno progrediti possano accedere alle necessarie tecnologie.

BIBLIOGRAFIA

  1. Colborn, T.; Dunanowski, D.; Myers, J. P. Our Stolen Future ; Dutton Press: New York, 1996
  2. Ashford, N. A.; Miller, C. S. Chemicl exposures: Low Levels and High Stakes ; Wiley & Sonos; New York, 1998
  3. Davis, D. L.; Telang, N. T.; Osborne, M. P.; Brandlow, H. L. Environ. Health perspect. 1997 ,101 (3), 571-576.
  4. Kuhn, T. The Structure of Scientific Revolutions, 3fd ed.; University of Chicago Press:
  5. Hileman, B. Chem. Eng. News 1997 , 75 (12), 37-38.

Nota sull’autore – Nicholas A. Ashford è docente di Tecnologia e Politica Ambientale all’Istituto di Tecnologia del Massachussett di Cambridge (MA). Claudia S. Miller è assistente di Medicina Ambientale e del Lavoro del Centro di Scienze della Salute dell’Università del Texas di San Antonio (Texas).

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