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Depressione e campi elettromagnetici

Tratto dall’articolo “CFS: l’esposizione a campi elettromagnetici è un cofattore da considerare nel trattamento?”
www.enfacts.com/papers/cfs.html
Traduzione a cura di A.M.I.C.A. www.infoamica.it

La ricerca negli Stati Uniti e in Gran Bretagna ha scoperto che la depressione clinica è il fattore principale nei suicidi in entrambi i paesi. Ci sono vari tipi di depressione, da quella stagionale che avviene di solito nei mesi invernali, fino ad una depressione cronica di basso livello che può persistere per mesi o anni. Tra i sintomi della depressione clinica ci sono la perdita di peso, il risveglio presto la mattina, la diminuizione dell’ impulso sessuale e una sensazione generale di assenza di speranza. Al contrario, alcune persone hanno quella che è chiamata “depressione atipica”, caratterizzata da aumento di peso e dal passare la maggior parte del giorno a dormire.

Nel 1978 Perry ha pubblicato le scoperte su un’indagine riguardo i campi elettromagnetici che ha esaminato gli indirizzi di circa 600 individui suicidatisi a Birmingham e ha scoperto che nelle case in cui il campo elettromagnetico era superiore a 1 mG (0,1 μT) il rischio relativo di patologie depressive era elevato (43). Perry e Pearl hanno condotto uno studio su un condominio alto 43 piani con 3.000 unità abitative (con circa 6.000 occupanti). L’obiettivo della ricerca era determinare se ci fosse una qualche correlazione tra il livello di depressione degli occupanti e la loro vicinanza ai campi elettromagnetici. Gli individui affetti da certe patologie cardiache e da depressione avevano maggiori probabilità di vivere vicino le principali cabine elettriche nel condominio. Le intensità del campo elettromagnetico misurate in tutti i 43 piani con un solo cavo in risalita dei piani mostravano campi significativamente più alti negli appartamenti vicino al cavo. Tali campi erano in media di 3,15 mG (0,315 μT) più vicino al cavo e 1,61 mG (0,16 μT) negli appartamenti più distanti dal cavo. Una ulteriore scoperta fu che, considerando solo gli appartamenti con riscaldamento sotto al pavimento o ad accumulo elettrico di calore, la percentuale di casi di depressione fra gli occupanti degli appartamenti vicini al cavo elettrico in risalita dei piani saliva all’82% (44).

E’ noto che i cambiamenti nei livelli di serotonina sono associati alla depressione. Per esempio, livelli più bassi di tale sostanza nel cervello sono stati correlati ad un aumento dei suicidi (45). Wolpaw ha esaminato le funzioni cerebrali di scimmie esposte ai campi magnetici di 60 Hz e ha misurato i livelli dei neuro-ormoni nel loro fluido spinale quando esposte per tre settimane. E’ stato scoperto che i livelli di serotonina e di dopamina si abbassavano significativamente subito dopo l’esposizione e che solo la dopamina tornava a livelli normali dopo diversi mesi (46). Sono state riportate concentrazioni basse di melatonina notturna in pazienti depressi e i pazienti affetti da depressione stagionale hanno una secrezione della melatonina ritardata (47).

Robert Becker, è un ricercatore di primo piano sui campi elettromagnetici e sulla depressione, riassume il suo lavoro e quello di altri così: “sembra che ci possono essere due tipi di depressione clinica: una prodotta da semplici fattori psicosociali e una prodotta da un fattore esterno che influenza la produzione di queste sostanze chimiche psicoattive prodotte dalla ghiandola pineale. Considerando la relazione tra questa ghiandola e i campi elettromagnetici, è consigliabile che la ricerca dei fattori responsabili comprenda la valutazione degli effetti dei campi elettromagnetici ormonali” (48).

Altre scoperte rilevanti della ricerca
Sin dal 1979 quando, in una presentazione congressuale, Wertheimer e Leeper per primi hanno riportato una correlazione tra l’esposizione ai campi magnetici e le Leucemie infantili, ci sono stati ben altri 30 studi epidemiologici principali sulla questione campi elettromagnetici/cancro. Pochi studi, comunque, hanno ricercato delle prove dell’associazione tra l’esposizione a campi magnetici ad alta frequenza e le patologie correlate al sistema immunitario negli umani.

In un importante studio Beale e altri hanno esaminato otto condizioni croniche immunitarie variabili in un gruppo di 560 adulti che abitavano vicino dei tralicci ad estremamente alto voltaggio in Auckland, Nuova Zelanda. Usando una progettazione incrociata per esaminare il rapporto dose e reazione tra l’esposizione a campi magnetici di adulti nelle loro case e l’incidenza di queste patologie, cinque delle otto variabili hanno dimostrato una relazione lineare dose-risposta con l’esposizione. Dopo un aggiustamento per possibili confusioni sono state ottenute percentuali significativamente elevate per l’asma e per patologie croniche combinate con esposizioni di alto livello. Come riporta l’abstract dell’articolo “I risultati sono compatibili con un possibile effetto avverso dell’esposizione a campi elettromagnetici sulle patologie correlate al sistema immunitario e ad altro” (49).

L’attività linfocitaria ematica periferica negli umani potrebbe essere influenzata dall’esposizione a campi elettrici. Per esempio, Coghill e altri (1998) hanno esposto i linfociti ematici periferici umani contenuti in colture racchiuse nel metallo mu (cioè schermate dai campi elettromagnetici) al campo elettrico endogeno dello stesso donatore per tutta la notte e hanno testato la sopravvivenza (dei linfociti) con l’esclusione del TRYPAN blu, dimostrando una sopravvivenza del 70%. I controlli (senza campo elettrico endogeno) e quelli esposti per finta (stesso filo di rame ma non attaccato al corpo) hanno dimostrato entrambi una sopravvivenza del 50%. Quando hanno fornito un campo elettrico di 50 Hz nelle colture di linfociti (stessa densità di potenza, stesso periodo di esposizione, stessa temperatura, ecc.) la sopravvivenza è scesa al 40%. Tale studio suggerisce che il campo elettrico a 50 Hz (non magnetico) influisce negativamente sui linfociti ematici periferici nell’uomo (50). Tale diminuzione potrebbe essere coinvolta nello sviluppo della CFS.

Uno studio di Bonhomme – Faivre e altri del 1998 ha scoperto delle “prove che l’esposizione cronica a campi elettromagnetici di bassa frequenza…possa causare negli umani disturbi neurovegetativi, ematologici e immunitari”. In particolare, hanno scoperto che un gruppo di lavoratori che erano esposti a campi magnetici da 0,9 mG (0,09 μT) a 66 mG (6,6 μT) avevano delle conte linfocitarie significativamente basse rispetto ad un gruppo simile di controllo non esposto a tali livelli. Il gruppo esposto ha riportato anche una prevalenza significativamente maggiore di condizioni soggettive – stanchezza fisica e mentale, depressione, malinconia, irritabilità, libido diminuita o carente – rispetto al gruppo di controllo. In questo studio erano particolarmente interessanti due lavoratori che avevano avuto esposizioni da 3 a 66 mG (0,3 – 6,6 μT) e lavoravano a tempo pieno sopra i trasformatori. E’ stato scoperto che entrambi avevano livelli diminuiti dei linfociti che ritornavano velocemente quando smettevano di lavorare in quell’area (51).

Si può notare, infine che non tutti i ricercatori concordano che i campi elettromagnetici a 50 – 60 Hz abbiano un nesso causale con danni ormonali e combinati a livello cellulare. Questo gruppo sostiene l’assunto che le piccole correnti e campi elettrici indotti nel tessuto del corpo da campi elettromagnetici esterni hanno una magnitudo minore dei campi prodotti internamente e dello stesso “calore di fondo” dei fluidi liquidi. Tale assunto è stato testato da Gandhi il quale ha scoperto delle prove che i campi indotti nel corpo umano da tralicci e da apparecchiature elettriche – in pratica tutte le potenti fonti di campi elettromagnetici artificiali – sono molto più ampi di quelli prodotti naturalmente nel corpo. Gandhi ha usato un modello al computer per calcolare i campi elettrici e magnetici nelle bande di frequenza 41 – 70 Hz derivanti da fonti interne e da fonti esterne e ha scoperto che persino i campi naturali più ampi prodotti dal cuore sono centinaia di volte più piccoli di quelli provocati dallo stare sotto ad un traliccio dell’alta tensione o dall’uso di un asciugacapelli. Gandhi ha dichiarato: “Il mio assunto era che quello che è nel corpo è abbastanza rilevante, ma poi ho scoperto che questo era sbagliato…E’ ora che la gente rifiuti questi assunti falsi” (52).

Il lavoro di Gandhi e di altri ha spinto gli autori ad esaminare i meccanismi che potrebbero offrire delle spiegazioni su come dei campi elettromagnetici ambientali deboli possono influire sui sistemi viventi. Un possibile meccanismo che sta ora raccogliendo sostegno tra i biologi è la risonanza stocastica (53). Tale nuova applicazione della teoria della risonanza stocastica è attualmente sotto indagine nei laboratori degli autori.

Conclusioni
Con le patologie definite in modo flessibile “Sindrome da Stanchezza Cronica”, indipendentemente dalle sue cause, l’effetto principale è un sistema immunitario nettamente compromesso. Considerando questo, è consigliabile che i medici impegnati nel trattamento dei pazienti di CFS li avvsino di evitare situazioni che possano aggiungere uno stress aggiuntivo al loro sistema immunitario.

Prove scientifiche attuali indicano che l’esposizione prolungata a campi elettromagnetici, a livelli che si possono incontrare nell’ambiente, possono influire sulla funzionalità del sistema immunitario agendo sui processi biologici in modi simili a quelli osservati nella CFS. Considerando la crescente incidenza della CFS nella popolazione, secondo gli autori i medici dovrebbero avvisare i pazienti di evitare per precauzione i campi elettromagnetici. Di solito è relativamente facile individuare le fonti dei campi elettromagnetici ed evitarli.

La mancanza di una piena certezza scientifica non dovrebbe essere usata come scusa per posporre delle misure per prevenire l’esposizione a qualsiasi fonte potenzialmente pericolosa. Se si possono intraprendere delle misure per ridurre l’esposizione a campi elettromagnetici ad un costo ragionevole e con conseguenze ragionevoli secondo tutti gli altri aspetti , bisognerebbe fare ogni sforzo per ridurre l’esposizione ai livelli più bassi possibile.

Glossario
Bioelettromagnetica
Scienza emergente che si concentra su come gli organismi viventi interagiscono con i campi elettromagnetici.

Campi elettromagnetici
Forma di energia che consiste di dare forze oscillanti, cioè una componente elettrica ed una magnetica. Esempi di energia elettromagnetica comprendono: campi dei fili elettrici, onde radio, luce, raggi X, raggi gamma, ecc.

Gauss (G)
Unità della densità di flusso magnetico, recentemente sostituita dalle nuove unità, il Tesla. Per i campi di basso livello riscontrati in ambiente urbano si usa come unità il milliGauss (mG). 1 mG = 1 microTesla (μT).

Herz (Hz)
Unità di frequenza che indica i numeri dei cicli per secondo.

Campo magnetico
L’area di forze che esiste intorno ad un elettrone: gli elettroni che fluiscono lungo un filo producono una forza nell’area circostante al filo, definita appunto come campo magnetico.

Note: Gli autori desiderano esprimere fortemente che non sostengono o accettano l’uso di qualsiasi strumento non provato scientificamente che dichiara di eliminare i campi elettromagnetici o di proteggere il corpo dai campi elettromagnetici

Per avere l’articolo completo di bibliografia ricercarlo nella sezione Stanchezza Cronica.

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